da ilFattoQuotidiano
di Alessandro Ferrucci | 27 dicembre 2012
Nel silenzio più assoluto, l'ultimo atto dell'esecutivo guidato da Mario Monti ha garantito ai poteri forti che gestiscono lo scalo di Fiumicino più tasse aeroportuali a carico dei passeggeri. Nel piano: il raddoppio delle piste, ma soprattutto una cascata di cemento sul litorale romano. Affare da 12 miliardi che conviene a molti

Facciamo un passo indietro. La società che gestisce lo scalo capitolino, l'Adr, presenta nel 2009 all'Enac (Ente nazionale per l'aviazione civile) e al governo un piano di sviluppo per passare da 36 milioni di passeggeri a 70, poi 100. Quindi, a cascata, maggiori posti di lavoro diretti e indiretti, un ruolo centrale come hub del Mediterraneo e la possibilità di confrontarsi alla pari con Londra e Atlanta. Così dicono. Piccolo dettaglio: l'aeroporto londinese di Heathrow ha le stesse dimensioni di quelle attuali di Fiumicino, solo che lì hanno ottimizzato i tempi di atterraggio e decollo, senza spendere cifre del genere. Ma questo, pare, conti poco "anche perché lì non vivono un conflitto di interesse marcato come da noi", spiegano dal comitato Fuoripista, l'unico che da anni si batte contro la cementificazione del Litorale.
Interessi, parola magica. Ben mille dei 1.300 ettari coinvolti nell'operazione sono della Maccarese Spa, la più grande azienda agricola d'Italia, interamente coltivata. La proprietà è della famiglia Benetton, lesta, nel 1998, ad acquistarla dall'Iri (società dello Stato) per 93 miliardi di lire "con l'impegno di mantenere la destinazione agricola e l'unitarietà del fondo", come recita l'accordo. A meno di un esproprio. Proviamo l'equazione: la "Maccarese Spa" è di Benetton. Gemina possiede il 95 per cento di Adr. In Gemina c'è Benetton. Cai, quindi la nuova Alitalia, sta concentrando sulla Capitale quasi tutto il suo traffico aereo nazionale e internazionale.
I Benetton, dopo Air France, il gruppo Riva (i patron dell'Ilva di Taranto) e Banca Intesa, sono i quarti azionisti di Cai con l'8 e 85 per cento. Insomma, gli "united colors" rivenderebbero allo Stato, quello che dallo Stato hanno acquistato, per poi ottenere i finanziamenti utili a realizzare un qualcosa da loro gestito. E non parliamo di pochi euro. Secondo le tabelle nazionali, i Benetton dall'esproprio potrebbero incassare almeno 200 milioni di euro (20 euro al metro quadro), ai quali vanno aggiunti i danni riconosciuti in caso di strutture già presenti.
Ma a ridere non è solo il gruppo trevigiano. A Roma il cemento è di casa, e uno dei protagonisti è Silvano Toti. Caso strano, quest'ultimo è anche il secondo azionista di Gemina con il 12,80. Non solo. Oltre all'aeroporto verranno realizzati palazzi, centri commerciali, varianti stradali. L'editore del Messaggero ha una quota piccola azionaria in Generali, il gruppo assicurativo ne ha una in Mediobanca. Il quotidiano capitolino è stato il giornale maggiormente attento alla vicenda. Un caso? Bene, tutta la storia era vincolata solo all'aumento delle tariffe, la conditio sine qua non posta dalle banche (in Gemina c'è anche Unicredit) per finanziare il progetto. Questo perché dal "contributo" dei passeggeri arriva il 50 per cento del totale, il resto i capitani del cemento lo otterranno dagli istituti bancari coinvolti.