
Un importante appuntamento ci vedrà insieme Domenica 24 Marzo per il corso su "La Colazione".
Conosceremo così alternative possibili da portare in tavola al mattino: ricette dolci e salate autoprodotte con pochissimi ingredienti, zuccheri naturali, farine integre e semi.
Lorena, una nostra socia gasista, ha condiviso con il suo gruppo e noi un report sull'incontro con La Cooperativa Quetzal sul cioccolato.
Nel ringraziarla per il servizio svolto, siamo felici di poterne riportare qui alcuni passaggi importanti, mettendo a disposizione per chi lo volesse l'intero documento.
"Le piante di cacao in natura crescono nelle foreste, all'ombra di grandi alberi.
In piantagione ovviamente le condizioni sono diverse.
I frutti, chiamati "cabossa", vengono raccolti e aperti, i semi (che chiamiamo fave) vengono messi in grandi cassoni a fermentare, mescolandoli spesso.
Dopo tre giorni vengono messi ad essiccare per altri tre giorni in contenitori molto larghi e piatti.
In questa fase contengono molti più polifenoli, ma in una forma che il corpo umano non può assimilare.
La fermentazione è molto importante perché si creano i precursori di aroma, che sono quelli che daranno poi l'aroma al cioccolato.
Le fave vengono poi tostate a 100-120° per circa 15-20 minuti, come si fa con il caffè. Anche questa fase è molto importante perché influisce sul sapore del cioccolato. La tostatura deve penetrare fino al cuore della fava, ma non deve bruciare l'esterno. Con la tostatura si sviluppano tutti gli aromi e i polifenoli diventano assimilabili dal corpo umano.
Le fave tostate vengono macinate a una temperatura di circa 30°, e non si trasformano in polvere/farina, come si potrebbe pensare, ma in una massa viscosa, perché il 50% della fava è grasso, il cosiddetto burro di cacao. Il burro di cacao è inodore e insapore. L'altro 50% è polvere di cacao.
La massa di cacao poi viene colata negli stampi e fatta solidificare: questo è l'ingrediente di base per produrre il cioccolato.
La massa di cacao si può conservare per molto tempo, anche dieci anni.
Il cioccolato che noi siamo abituati a mangiare, quello industriale, invece viene fatto con polvere di cacao e più del 50% di burro di cacao, e lecitina di soia come emulsionante.
Il cacao è originario del centro America. Gli indigeni lo consumavano come bevanda e spesso lo utilizzavano durante i riti, aggiungendovi una spezia rossa chiamata Chicote. Era una bevanda amara, piccante e di colore rosso, riservata ai sacerdoti e ai nobili. Gli indigeni la offrirono ai conquistatori spagnoli perché li credevano inviati divini. Il primo impatto è scioccante, ma i conquistatori capiscono che è molto energizzante e iniziano a consumarlo e a espandere le coltivazioni di cacao.
Il cioccolato quindi arriva in Europa e comincia a essere consumato dalla nobiltà.
Essendo un bene coloniale, come lo zucchero e il caffè, c'è una quotazione specifica in borsa e i dazi d'importazione si alzano a seconda delle lavorazioni già fatte nel paese di produzione, per cui per il produttore è praticamente impossibile esportare il prodotto finito, perché non troverebbe compratori. Le aree di coltivazione si sono allargate e spostate, a seconda delle esigenze delle potenze coloniali.
Le prime piantagioni furono impiantate nelle isole caraibiche Antille, con importazione di schiavi dall'Africa. Poi in Brasile.
Nel 700 e 800 le nuove potenze coloniali Francia e Inghilterra spostarono le produzioni in Africa: ancora oggi Costa d'Avorio e Ghana sono i più grandi produttori.
Altri paesi, ingannati dal miraggio del risanamento del debito, sono stati costretti a impiantare coltivazioni per l'esportazione, quindi le piantagioni di cacao e caffè hanno avuto un'espansione anche in Asia.
Ma mentre in America l'utilizzo del cacao era radicato e si è mantenuta la tradizione del suo consumo, in Africa e Asia i produttori non hanno mai mangiato il cioccolato e mai saputo cosa si produceva con i frutti da loro coltivati. Qualche anno fa per un progetto europeo sono venuti a Modica alcuni ragazzi africani coltivatori di cacao per imparare a fare il cioccolato: sono rimasti sbalorditi dalla semplicità della lavorazione. A loro era sempre stato detto che per fabbricare il cioccolato servivano investimenti ingenti in macchinari e attrezzature varie che non avrebbero mai potuto affrontare in patria. Ora producono barrette di cioccolato che vendono sul posto e soprattutto alle ONG."
Buona settimana,
Federica